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Narrazione aediLa narrazione è nata con il nascere della socialità, della relazione fra gli uomini: è in un certo senso connaturata all’uomo, non si ha testimonianza di civiltà che non abbia utilizzato la narrazione.

Essa attraversa le culture, le epoche, i luoghi, è presente da sempre e forse sarà sempre presente.

Presuppone un rapporto almeno fra due persone una che parla e una che ascolta o, se si tratta di più persone, di un pubblico.

In passato, la narrazione è stata lo strumento principale della costruzione e trasmissione del sapere.

La tradizione orale comprende varie forme, quali narrazioni, miti, canti leggende, favole ed è un elemento presente in ogni popolo e in ogni cultura.

Nell’antica Grecia i versi dell’Iliade e dell’Odissea di Omero non erano letti, ma recitati da veri professionisti della parola gli aedi, i quali si esibivano durante le feste religiose e le celebrazioni pubbliche. Presso i Celti il bardo era considerato un antico poeta, appositamente istruito per conservare la memoria del popolo. Nel Medioevo i menestrelli erano intrattenitori ambulanti, cantastorie che si spostavano di città in città raccontando una favola, una storia, aiutandosi anche con il canto.

Secondo lo psicologo statunitense Jerome Bruner, «la narrazione è il mezzo creato dalla mente umana per in inquadrare gli eventi della realtà e spiegarli in modo logico». Attraverso il racconto di storie noi conosciamo la realtà che ci circonda, ovvero cerchiamo di “mettere ordine” e dare un senso alle nostre caotiche esperienze quotidiane.

Nella società postmoderna, caratterizzata da numerose e diverse forme di comunicazione, sembra invece ci sia una crisi dei grandi racconti, quasi che l’uomo sia stato privato della facoltà di scambiarsi esperienze.

Scriveva Italo Calvino: «Oggi mi sembra che al mondo esistano soltanto storie che restano in sospeso e si perdono per la strada».

L’uomo moderno ha quindi “fame” di narrazione.

 

by Luisa Di Tolla

 

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