+39 055 7478419 info@linkomunicabile.it

L’effetto alone è sicuramente uno dei bias cognitivi più interessanti per chi si occupa di marketing e comunicazione persuasiva in genere.

Cerchiamo di conoscere il fenomeno e vederne gli eventuali risvolti applicativi.

Immaginiamo di avere di fronte due soggetti candidati per un ruolo di collaboratore nella nostra azienda. Ancor prima di incontrarli personalmente leggiamo una scheda di referenze, fatta da un collega, che focalizza in estrema sintesi le loro caratteristiche principali.

 

Leggiamole assieme:

Mario: ingegnoso, intraprendente, impetuoso, aggressivo, testardo, astioso

Luigi: aggressivo, astioso, impetuoso, testardo, ingegnoso, intraprendente

 

Istintivamente, senza averli visti, quale scegliereste tra i due? Quale sareste portati a valutare positivamente?

La maggior parte degli intervistati a pelle sceglie Mario. Eppure, se ci soffermiamo con attenzione sulle schede dei due, possiamo vedere che sono le medesime per entrambi, con la sola differenza che sono state riportate con un ordine diverso.

Ma nonostante ciò Mario ci era parso il migliore tra i due?!

Tranquilli, non ci siamo improvvisamente rimbambiti. Rientriamo a pieno titolo tra le vittime inconsapevoli di quel fenomeno che la psicologia definisce effetto alone. La nostra pulsione di scelta e il nostro giudizio sono stati guidati dalla buona presentazione iniziale.

[Tweet “L’Effetto Alone è un bias cognitivo per il quale la percezione di un tratto è influenzata dalla percezione di uno o più altri tratti dell’individuo o dell’oggetto”]

I tratti dei caratteri inseriti per primi nell’elenco hanno semplicemente modificato la percezione, positiva o negativa, di quelli elencati successivamente. Tale percetto, al limite dell’inconsapevolezza, non vale solo al momento della presentazione ma rilascia i suoi effetti anche nelle scelte e decisioni successive accrescendo il peso della prima impressione a tal punto da oscurare eventuali informazioni che saranno raccolte successivamente.

L’effetto Alone nella nostra quotidianità

L’effetto alone è sempre presente nella quotidianità di ognuno di noi. Talvolta può capitare di incontrare una persona bella e attraente e automaticamente le attribuiamo una serie di caratteristiche positive e di successo seppur non la conosciamo. Al contrario se la persona ci sembra brutta possiamo essere portati a supporre che sia anche noiosa e poco socievole, in questo caso siamo in presenza del contrario dell’effetto alone noto come “devil effect”.

 

Effetto Alone e Marketing

Proviamo a traslare nel campo del marketing le conseguenze dei percetti dell’effetto alone.

I bravi comunicatori ricorrono spesso a questa tecnica per migliorare l’immagine di un prodotto e posizionare un brand sul mercato. Nella comunicazione persuasiva della pubblicità mi piace ricordare George Clooney, uomo bello e di charme, che trasferisce la sua gradevolezza al prodotto Nespresso elevandone la qualità percepita. Si pensi a come tali doti di tranquillità e sicurezza siano poi riprese dallo stile del packaging delle confezioni, in “abito scuro”, molto signorili e al tempo stesso seducenti.

Trovo che questo spot rappresenti veramente il senso di ciò che stiamo dicendo, soprattutto quando lei dice: “la immaginavo più ristretto!”. È evidente lo scambio di ruoli tra il soggetto e l’oggetto che diviene portatore di specifiche al punto che l’attore passa in secondo piano subendo l’oggettivazione del suo ruolo di soggetto principale.

Ricordiamoci anche che questa teoria è stata usata per descrivere come il successo dell’iPhone, prodotto di punta e di maggior fatturato di Apple, abbia avuto effetti positivi sulla percezione degli altri prodotti del brand.

L’Effetto Alone, piccole accortezze

L’effetto alone, se trattato come un potente strumento per persuadere i consumatori, deve comunque essere contestualizzato e assoggettato alle regole del marketing, motivo per cui non può colpire contemporaneamente tutti indiscriminatamente. Si deve sempre aver presente il target che si intende raggiungere, infatti tale effetto cognitivo si manifesta in aspetti sociali e culturali specifici. Ciò significa che, se lo si vuole utilizzare, è indispensabile conoscere molto bene i destinatari del messaggio e il loro habitat sociale, habitat di cui bisogna ben padroneggiare cultura e abitudini.

Un esempio, a mio modo molto calzante, è in questo caso lo spot della Vigorsol Easy.

Eppure qua non si tratta avere dei testimonial o prodotti famosi, il vero soggetto è astratto, infatti è l’ideale green che emerge e trasla i suoi effetti positivi sul prodotto al punto che masticare quel chewingum, inconsciamente, ti fa sentire in pace con la natura, quasi un ritorno all’armonia perduta dell’età dell’oro.

Vorrei chiudere questa riflessione sull’effetto alone con una frase di Paul Rozin, che a mio modo lascia la questione aperta per un prossimo articolo.

«Basterebbe la presenza di un unico scarafaggio a rovinare del tutto il carattere invitante di una ciotola di ciliegie, mentre una ciliegia non farebbe niente a una ciotola di scarafaggi».

 

Federico Bigagli

Share This